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COS'E' LA FESTA DEL PERDONO

La festa del perdono si tiene da 460 anni in questo Santuario, nella Quarta Domenica di Quaresima, per concessione di Papa Pio IV.

Ora, usiamo questa parola, Santuario, perché questo edificio, i suoi marmi, le sue statue, persino le sue fondamenta, trasudano una forte presenza Mariana e questo dal giorno in cui fu posata la prima pietra, nel lontano 1559.

Generazioni di veronesi, veneti e non solo, si sono avvicendate al cospetto del venerato ritratto di Maria con le loro aspettative, sentimenti, gioie, dolori, aspirazioni, ringraziamenti e preghiere e anche se non possiamo vederli, loro sono ancora qui, vicini e vicine a noi.

Santa Maria della Pace, venne chiamata questa Basilica, perché anche allora le guerre erano all’ordine del giorno e poi le pestilenze e le carestie, ma questo luogo è sempre stato bastione spirituale, profondo e popolare.

Esso ci richiama oggi alla riscoperta di una dimensione, quella trascendente che, nell’epoca della fretta e dei “risultati” a breve termine, alcuni relegano nel passato, mentre appartiene ai tempi dell’eternità.

Raccontiamo ora, con semplicità, riportando una novella che gli attuali Visitatori della Basilica hanno spesso apprezzato, il giorno preciso in cui il nostro ritratto è stato posato in questo luogo, alimentando un fuoco che nessuna vicenda umana è mai riuscita a smorzare...

Novella: DUE BAMBINI AL COSPETTO DELL'IMMAGINE DELLA BEATA VERGINE MARIA

Sì, era un muro discosto, isolato. Una volta c'era stato un convento, ma i soldati avevano buttato giù tutto. Su quella Madonna però, non avevano avuto cuore di battere il piccone. Io e Niccolò ci recavamo spesso a pregare, ed era bello perché tante altre persone che viaggiavano a piedi o a cavallo da Verona a San Michele, o il contrario, si fermavano.

Ciascuno si metteva in un posto diverso, sull'erba della Spianà, e parlava da solo con la Signora. In quell'Anno Domini si diceva che la Vergine della Spianà avesse concesso molte grazie e miracoli e per questo io e mio fratello tornavamo e tornavamo, per via della nostra sorella Lucia che tossiva sempre e non poteva più giocare con le altre bambine.

Dopo gli ultimi miracoli, che avevano lasciato tutti sbalorditi, la gente veniva in moltitudine nelle feste comandate e la domenica. I Veneziani però non erano contenti, perché queste turbe di folla attorno al muro della Madonna, toglievano visibilità agli artiglieri che prendevano la mira dietro i cannoni di Porta Vescovo.

Anche se laguerra in quel momento non c'era i soldati dovevano stare sempre all'erta, che non si sapeva mai. Il buon vescovo, a sua volta, desiderava mettere un po' di ordine, perché alla festa si doveva andare a messa, non a chiedere le grazie attorno al nostro muro.

Conosceva la fama di quel luogo e, ascoltate le voci dei devoti, aveva compreso che occorreva dare a quell’immagine una degna sistemazione. Prima di tutto, però, si dovevano far rispettare le regole della Chiesa.

Il Consiglio della città decise allora di trovare un posto per il nostro muro dentro una cappella. Io e Niccolò ne fummo delusi perché ci avrebbero portato via, chissà dove, la nostra Madonna. E poi, cosa ne sarebbe stato della povera Lucia, che tossiva sempre? Per fortuna le brave anime di San Michele, il paese della mia famiglia, che siamo Mugnai alle basse, avevano deciso che la Madonna dovesse rimanere.

Mio padre Tonio e i suoi amici donarono quattro campi di terra per costruire la chiesa. Gli altri non sappiamo, ma il Papà lo fece per devozione e per la nostra povera soreletta, che stava sempre più male. Io e Niccolò eravamo molto impauriti quel giorno, avevamo il timore che il muro si sbriciolasse. Era vecchio e da tanti anni esposto a ogni temperia. Non si era mai sentito che qualcuno potesse spostare un affresco di quelle dimensioni. Era il 21 aprile del 1559, e ogni colpo di martello dei maestri muratori ci si conficcava nel cuore.

La Madonna con il bambino fu trasportata su con corde e pulegge e poi depositata assieme ai santi Antonio e Bartolomeo su un grande carro: bellissimo, carico di drappi rilucenti, di argenti e di ceri accesi.

Quando finalmente il carro trainato da cavalli e buoi se ne partì, cantammo il Te Deum e tutti gli inni alla Beata Vergine che conoscevamo. Ci allineammo in processione finché il carro, circondato da una torma di gente festante benedetta dai colori della primavera, giunse a San Michele.

I mastri carpentieri del paese avevano preparato una chiesetta di legno, per riparo, ma depositare la Madonna sul muro provvisorio fu un lavoro delicato. Ad un tratto una corda si ruppe e a tutti ci si spense il fiato in gola.

Sì, depositarla a terra fu ancora più difficile che staccarla dalla sua prima sistemazione, ma alla fine gli operai alzarono tutti insieme le mani imbiancate e levarono grida di gioia. Ce l’avevano fatta! Entrai nella piccola chiesa di legno, odorava di nuovo, il mio cuore batteva e batteva: adesso la nostra Madonna era ancora più vicina.

Mio papà Tonio, allora, mi appoggiò la mano sulla spalla e sussurrò:
"Vostra sorella è qui...”
"Strano, pensai, perché nessuno tossiva.
E in quel mentre la vidi, mi si affiancò e sentii la mano di Lucia, finalmente tiepida, avvinghiarsi alla mia. Allora osservai carico di riconoscenza la nostra Madonna, la ringraziai per avermi ascoltato e sorrisi...

L'immagine si riferisce al quadro di Carlo Canella (1800-1879) - La sagra a San Michele, Verona.